Il Monte Ortigara

Il monte Ortigara deve la sua triste ma gloriosa fama alla terribile e sanguinosa battaglia che vi si combattè dal 10 al 29 giugno del 1917 nel tentativo, da parte italiana, di riconquistare la dorsale montuosa che va dalla val d'Assa attraverso cima Portule, cima Dodici, monte Forno, monte Chiesa, cima Undici, monte Campigoletti, monte Ortigara fino al passo dell'Agnella a picco sulla Valsugana.
L'esercito austro-ungarico si era attestato su queste formidabili posizioni naturali al termine della famosa Strafexpedition scatenata nel maggio del 1916, che aveva portato gli imperiali fino al Pian della Marcesina e alle Melette, da dove però avevano iniziato a ripiegare a seguito della controffensiva italiana, sviluppatasi fra giugno e luglio 1916.
Questo ambizioso piano, denominato Azione K, avrebbe dovuto iniziare secondo i piani dell'alto comando italiano nel mese di novembre 1916, ma problemi vari e sopratutto le terribili condizioni climatiche dell'inverno 1916-1917 causarono il suo rinvio al giugno 1917.
Durante quell'inverno caddero sull'Altopiano fino a otto metri di neve, con temperature fino a 30 gradi sottozero e si ebbero decine di morti per slavine e congelamenti.
La preparazione dell'Azione K fu estremamente complessa per l'enorme e anzi eccessivo numero di truppe mobilitate e questa fu senz'altro una delle ragioni che portarono al suo insuccesso.
Le altre ragioni sono state evidenziate dagli storici e si possono leggere in numerosi libri dedicati alla battaglia dell'Ortigara; il mio preferito è "Ortigara 1917, il sacrificio della Sesta Armata" di Gianni Pieropan, nel quale viene fatta un'analisi veramente approfondita e veritiera dell'andamento della battaglia, basandosi anche sulle testimonianze dei sopravvissuti.
Le forze in campo per gli italiani erano la Sesta Armata, che comprendeva circa 300.000 uomini con 1.600 pezzi di artiglieria fra cannoni, obici, mortai e bombarde; occorre precisare che non tutti questi uomini furono effettivamente utilizzati.
Gli austro-ungarici schieravano circa 100.000 uomini con 400 pezzi di artiglieria senza contare i cannoni della Valsugana che potevano tirare sull'altopiano; in effetti nel corso della battaglia altre truppe vennero fatte affluire dagli austriaci per sostituire i caduti e per riprendere l'Ortigara, conquistata dagli alpini.
Il rapporto di forze era quindi di tre a uno a favore degli italiani e se si fosse trattato di una battaglia in campo aperto come quelle delle guerre napoleoniche o delle guerre di indipendenza, non vi è alcun dubbio che sarebbe finita con la vittoria italiana.
Ma qui siamo su montagne selvagge e brulle, a quote intorno ai duemila metri e gli austriaci hanno avuto un anno di tempo per scavare trincee e caverne, per stendere reticolati, per preparare postazioni in caverna di cannoni e mitragliatrici che prendono d'infilata i passi obbligati per cui devono per forza passare gli alpini, i fanti, i bersaglieri per andare all'attacco dell'Ortigara, dello Zebio, del Chiesa, del Forno e del Campigoletti.
Il vallone dell'Agnellizza, detto anche il vallone della morte, doveva essere attraversato di corsa dai nostri soldati che scendevano dal Campanaro e dal Pozzo della Scala su cima Caldiera, dove era ammassato il grosso delle truppe italiane, ed era sotto il fuoco dei cannoni e delle mitragliatrici austriache in caverna sull'Ortigara.
La descrizione che ne dà Paolo Monelli nel suo libro "Le scarpe al sole" è raccapricciante.
Una singola mitragliatrice servita da due uomini poteva falciare centinaia di soldati in pochi minuti e questo è quello che purtroppo avvenne.
L'alto comando pensava di potere usare in alta montagna le stesse tattiche delle battaglie di massa, come quelle dell'Isonzo e del Carso e del fronte occidentale in Francia a Verdun e sulla Somme.
Questo grossolano errore venne pagato a caro prezzo dai nostri valorosi soldati e specialmente dalle truppe alpine che furono quelle che diedero il più generoso contributo di sangue; non per niente l'Ortigara è chiamata il Calvario degli Alpini.
Su un totale di circa 28.000 perdite fra morti, feriti e dispersi, le perdite della 52a Divisione Alpina ammontarono a circa due terzi.
Le perdite degli austro-ungarici furono di soli, si fa per dire, 8.800 uomini circa e quindi un terzo delle perdite italiane, casualmente lo stesso rapporto delle forze in campo. Ma il vero motivo delle minori perdite è ovviamente dovuto al fatto che gli imperiali erano protetti nelle trincee e nelle caverne, mentre gli italiani furono obbligati ad andare all'attacco allo scoperto sotto il fuoco nemico.
L'intero piano di battaglia era molto complesso e prevedeva almeno quattro colonne di attacco che andavano dalla val d'Assa fino al passo dell'Agnella.
La possibiltà di successo finale dipendeva dal contemporaneo successo dei diversi attacchi, per potere difendere le posizioni conquistate, dai prevedibili contrattacchi nemici, ma questo non avvenne per tutta una serie di circostanze che possono verificarsi nel corso di una battaglia.
Qui ci occuperemo della colonna di attacco del Generale Di Giorgio che doveva attaccare l'Ortigara.
Come sempre l'attacco inizia con il fuoco delle artiglierie che devono battere tutte le posizioni nemiche, cercando di distruggere i reticolati e i cavalli di frisia per aprire dei passaggi alle truppe attaccanti.
Purtroppo, anche a causa della avversa situazione climatica che ostacola l'osservazione, i risultati non sono quelli sperati e molti reticolati rimangono intatti.
Nondimeno, dopo qualche ora i battaglioni alpini Bassano, Sette Comuni, monte Baldo e Verona sferrano l'attacco scendendo nel vallone dell'Agnellizza e risalendo i ripidi costoni che portano alle quote 2003 e 2105 del monte Ortigara, mentre l'altra colonna del Generale Cornaro inizia l'attacco al monte Chiesa e al Campigoletti.
In breve, nella stessa giornata del 10 giugno, la quota 2003 viene conquistata dal Bassano e la quota 2101 dal monte Baldo, mentre la quota 2105 verrà conquistata il giorno successivo, il tutto al prezzo di elevate perdite di vite umane.
E qui inizia la parte più assurda della battaglia dell'Ortigara; infatti gli attacchi delle altre colonne sono falliti, pur in mezzo a mille episodi di eroismo e a incidenti fatali, come il fuoco corto della nostra artiglieria che colpisce la Brigata Sassari nella zona del monte Zebio, causando centinaia di morti, come ricorda anche Emilio Lussu nel suo "Un anno sull'Altopiano".
A questo punto i nostri battaglioni alpini sono abbarbicati sull'immenso acrocoro che è la cima dell'Ortigara dove, ben presto, si rovescia il fuoco delle artiglierie austro-ungariche provenienti dal Campigoletti, dal Chiesa, dal Forno, che sono rimasti in mano nemica e dalla Valsugana.
La battaglia è persa perché non è possibile rimanere lì, quasi allo scoperto, sotto il fuoco dei cannoni nemici, e la cosa più logica da fare è ordinare la ritirata, ma l'Alto Comando è di parere opposto e continua a mandare nuove truppe a sostituire i caduti.
Nel corso di questa battaglia che durò tre settimane vi furono ovviamente decine di attacchi e contrattacchi, nel corso dei quali furono usati da parte austriaca anche proiettili a gas e lanciafiamme.
La battaglia terminò il 29 giugno con la ritirata delle nostre truppe sulle posizioni di partenza.
Anche se si concluse con una sconfitta, la battaglia dell'Ortigara rimarrà per sempre un simbolo luminoso del valore e dello spirito di sacrificio dei nostri soldati, senza dimenticare anche il valore dei nostri nemici di allora.

Dal piazzale Lozze siamo saliti verso il monte Lozze.
Dal piazzale Lozze siamo saliti verso il monte Lozze.
La chiesetta del Lozze
La chiesetta del Lozze
Sacello dove si raccolgono i resti dei Caduti dell'Ortigara.
Sacello dove si raccolgono i resti dei Caduti dell'Ortigara.
Ferraglia arrugginita raccolta sull'Ortigara
Ferraglia arrugginita raccolta sull'Ortigara
Cartello dei camminamenti italiani verso le posizioni austriache
Cartello dei camminamenti italiani verso le posizioni austriache
Verso l'Ortigara; si intravede il monumento austriaco.
Verso l'Ortigara; si intravede il monumento austriaco.
Verso l'Ortigara
Verso l'Ortigara
vallone dell'Agnellizza
Siamo nel vallone dell'Agnellizza; la croce sorge dove stava il cimitero di guerra italiano.
Ex cimitero di guerra italiano
Ex cimitero di guerra italiano
Il passo dell'Agnella che domina la Valsugana
Il passo dell'Agnella che domina la Valsugana; sullo sfondo i Lagorai con il monte Cauriol, legato anch'esso agli alpini.
Le ripide balze verso la quota 2003.
Le ripide balze verso la quota 2003.
Quota 2003 conquistata dagli alpini del battaglione Bassano.
Quota 2003 conquistata dagli alpini del battaglione Bassano.

Desidero qui ricordare la figura del Ten. Santino Calvi, caduto da eroe nella conquista della quota 2003. Egli era uno dei quattro fratelli Calvi, originari di Piazza Brembana (BG), tutti combattenti e caduti per cause inerenti alla Grande Guerra e ricordati a Bergamo da un monumento e da una via a loro intitolata.

Ortigara, quota 2003
Ortigara, quota 2003
Ortigara, quota 2003
Ortigara, quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Trincee a.u. a quota 2003
Dall'interno di una caverna, a picco sulla Valsugana.
Dall'interno di una caverna, a picco sulla Valsugana.
Ortigara, quota 2003
Ortigara, quota 2003
Quota 2093, nido austriaco di 5 mitragliatrici in caverna.
Quota 2093, nido austriaco di 5 mitragliatrici in caverna.
Ingresso della caverna delle mitragliatrici.
Ingresso della caverna delle mitragliatrici.
Una delle cinque postazioni di mitragliatrici che battevano il vallone dell'Agnellizza.
Una delle cinque postazioni di mitragliatrici che battevano il vallone dell'Agnellizza.
Il vallone dell'Agnellizza, visto dalla feritoia della postazione.
Il vallone dell'Agnellizza, visto dalla feritoia della postazione.
La quota 2003 allora. Foto dal libro <em>Guida al monte Ortigara</em> di Corà e Massignani.
La quota 2003 allora. Foto dal libro Guida al monte Ortigara di Corà e Massignani.
La quota 2003 oggi. Sono ben visibili alcune caverne scavate nella roccia.
La quota 2003 oggi. Sono ben visibili alcune caverne scavate nella roccia.
Monte Ortigara, quota 2101: il campo di battaglia.
Monte Ortigara, quota 2101: il campo di battaglia.
Ortigara: caverna scavata dagli a.u.
Ortigara: caverna scavata dagli a.u.

Questa caverna, come le successive, era ovviamente scavata sul versante opposto alla provenienza dei tiri italiani, ma dopo l'occupazione italiana dell'Ortigara, si trovava aperta ai tiri delle artiglierie austriache provenienti dal Campigoletti, dal Castelnovo ecc. e quindi di scarsa utilità.

Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Caverna scavata dagli a.u.
Monumento austro-ungarico
Monumento austro-ungarico
Monumento austro-ungarico
Monumento austro-ungarico
Il trincerone che corre tutto intorno all'Ortigara.
Il trincerone che corre tutto intorno all'Ortigara.
Particolare del trincerone
Particolare del trincerone
Particolare del trincerone
Particolare del trincerone
Caverna
Caverna
Il campo di battaglia
Il campo di battaglia
Caverna
Caverna
Resti di fortificazioni a.u.
Resti di fortificazioni a.u.; sullo sfondo i monti Castelnovo, Campigoletti, Cima Undici.
Monumento italiano con la scritta Per non dimenticare
Il monumento italiano: la colonna mozza dell'A.N.A. con la scritta "per non dimenticare".
Cartello alla quota 2105 conquistata dagli alpini.
Cartello alla quota 2105 conquistata dagli alpini.
La campana ai Caduti dell'Ortigara.
La campana ai Caduti dell'Ortigara.
Vista del campo di battaglia
Vista del campo di battaglia
Vista del campo di battaglia
Vista del campo di battaglia
Vista del campo di battaglia
Vista del campo di battaglia
Resti di fortificazioni
Resti di fortificazioni
Trincea con caverne
Trincea con caverne
La desolazione del campo di battaglia
La desolazione del campo di battaglia
Trincea a.u.
Trincea a.u.
Trincea
Trincea
Trincea
Trincea
Caverna
Caverna
Caverna
Caverna
Resti di filo spinato e ferraglia
Resti di filo spinato e ferraglia
Trincea con caverna
Trincea con caverna
Altra caverna
Altra caverna
Discesa dalla quota 2105 e ritorno al piazzale Lozze.
Discesa dalla quota 2105 e ritorno al piazzale Lozze.