Il monte Zebio è uno dei tanti rilievi montuosi che, molto vicini uno all'altro, creano una catena quasi ininterrotta che va da Cima Portule a monte Ortigara, passo dell'Agnella e Cima Caldiera.
Qui, come sugli altri monti vicini (Mosciagh, Forno, Chiesa, Campigoletti,
Ortigara), gli austro-ungarici si attestarono dopo il fallimento della Strafexpedition e costruirono un formidabile sistema di fortificazioni,
con trincee rinforzate in calcestruzzo e profonde caverne, difese da più
linee di reticolati e cavalli di Frisia.
Dal luglio 1916 fino al 10 giugno 1917 (inizio della battaglia dell'Ortigara),
l'esercito italiano tentò innumerevoli volte di conquistare la cima dello
Zebio, senza mai riuscire a superare la strenua resistenza degli imperiali,
anche qui avvantaggiati dal trovarsi in posizione dominante, e certamente
più protetti di chi doveva andare all'assalto allo scoperto sotto il fuoco nemico.
Lo svolgimento delle battaglie di una certa importanza avveniva all'incirca
nello stesso modo sia sul fronte alpino che sul fronte isontino e carsico.
L'attacco delle fanterie era generalmente preceduto da un bombardamento
da parte dell'artiglieria, più o meno intenso e prolungato a seconda delle
caratteristiche difensive degli obiettivi da conquistare e doveva principalmente
colpire l'artiglieria nemica, le vie di accesso dei rifornimenti e distruggere le
difese passive come le trincee e i reticolati, per aprire la strada ai propri attaccanti.
Quasi mai questi obiettivi erano raggiunti con totale successo ma le
fanterie dovevano comunque andare all'attacco sotto il fuoco nemico.
Il 10 giugno 1917, data di inzio della battaglia dell'Ortigara, anche il monte
Zebio era uno dei tanti obiettivi da conquistare.
Da tempo le truppe italiane si erano attestate alle pendici dello Zebio, costruendo anch'esse delle fortificazioni da cui partire per l'attacco
alla posizioni nemiche.
Nella zona detta "Lunetta" gli italiani avevano preparato una galleria di
mina, che sarebbe dovuta scoppiare in concomitanza con l'attacco
generale e cioè il 10 giugno e avente lo scopo di aprire un varco alle proprie
truppe per l'assalto al cocuzzolo trincerato dello Zebio.
Purtroppo le cose andarono diversamente e la mina scoppiò due giorni in
anticipo, proprio mentre un folto gruppo di ufficiali della Brigata Catania
si era ivi recato in perlustrazione. coinvolgendo anche i soldati di presidio.
Esistono diverse e contrastanti versioni dell'accaduto; si parlò di un fulmine entrato nella galleria di mina (in quel momento nella zona imperversava un temporale) e anche dell'esplosione di una contromina
austriaca che fece esplodere la mina italiana, comunque la verità non si conoscerà mai e il risultato fu una strage dei soldati italiani.
Occorre aggiungere che gli austro-ungarici offrirono cavallerescamente
una tregua di alcune ore per permettere il soccorso dei soldati italiani feriti
e ancora vivi sotto le rocce ed i massi.
Alle ore 5,15 del 10 giugno 1917 centinaia di cannoni e di bombarde aprirono
contemporaneamente il fuoco sulle posizioni austro-ungariche e non solo.
La Brigata Sassari era dislocata nella zona fra il monte Rotondo e la Lunetta dello Zebio, pronta ad andare all'attacco non appena terminato il fuoco di preparazione delle nostre batterie.
Purtroppo successe quello che doveva succedere molte altre volte nel corso della guerra, anche agli avversari e anche su altri fronti.
Quello che oggi viene definito "fuoco amico" si abbattè per ore e ore
sui fanti della Sassari facendone strage (circa 500 uomini) senza che si riuscisse a informare l'artiglieria che stava tirando sulle nostre linee.
Nonostante questa prova sanguinosa, verso le ore 15 i bravi fanti della
Sassari vanno all'assalto dello Zebio, insieme ad altri reparti, e riescono
anche ad irrompere nelle trincee nemiche da dove però vengono poi respinti
dal fuoco delle mitragliatrici e costretti a rientrare nelle proprie linee.
Anche un'altra colonna italiana che aveva cercato di scalare lo Zebio dalla
destra, nella zona di Casara Zebio Pastorile, viene respinta dal fuoco nemico
e costretta a desistere.
E così hanno termine, con l'insuccesso dell'intera battaglia dell Ortigara, le
vicende belliche che interessarono il Monte Zebio.
E' ampiamente citata in molti libri di guerra, anche da Mario Rigoni Stern nei suoi "Racconti di guerra".
Qualche tempo dopo ho trovato la risposta che aspettavo nello stupendo libro di Gianni Pieropan "Ortigara 1917, il sacrificio della Sesta Armata".
Fausto Filzi era il fratello di Fabio ed era emigrato in Argentina fin dal 1913, creandosi una solida posizione economica.
Venuto a conoscenza della tragica fine del fratello era ritornato in Italia, arruolandosi volontariamente nell'esercito, nella specialità Artiglieria da fortezza.
Il giorno 8 giugno era di servizio nel luogo dove è stata eretta la lapide, alle pendici di monte Zebio, presso un deposito di proiettili di bombarda da 240, che venne centrato da una granata austriaca, esplodendo e provocando la morte di quattro ufficiali tra cui il Filzi e di quattro soldati e il ferimento di altri cinquanta soldati.