Cenni generali
Le Dolomiti, con oltre 18 vette che superano i 3000 metri di altitudine, sono probabilmente le montagne
più belle del mondo e sono meta di visitatori e turisti che vengono da ogni parte del globo.
Però sono convinto che non molti di questi visitatori sono a conoscenza o si interessano delle tragiche
vicende belliche che qui si svolsero dal maggio del 1915 fino al novembre del 1917 (rotta di Caporetto
che obbligò tutte le truppe italiane a ritirarsi per non essere tagliate fuori dall'incalzante e vittorioso
esercito austro-ungarico e germanico.)
Le testimonianze tuttavia sono molte e si trovano dappertutto, come forti e resti di forti, cimiteri militari e
lapidi nelle valli e trincee, caverne, schegge di granata, filo spinato, legname delle baracche e tanta ferraglia arrugginita sulle montagne dove si combattè.
Come già detto altre volte, la guerra che si combattè su queste montagne, fu completamente diversa
dalla guerra sul fronte occidentale in Francia e dalla guerra sul Carso e sull'Isonzo in Italia, dove le battaglie erano combattute da centinaia di migliaia di soldati con migliaia di pezzi di artiglieria di vario tipo.
Vi furono però delle eccezioni che richiesero l'impiego di un notevole numero di soldati e di mezzi di offesa,
rappresentate dal Col di Lana (chiamato anche Col di Sangue) e dal monte Piana, dove i Caduti furono
migliaia.
I principali protagonisti della guerra combattuta sulle Dolomiti furono ovviamente gli Alpini da parte italiana,
ma anche i fanti, i bersaglieri, le truppe d'assalto e l'artiglieria dettero un generoso contributo di sangue;
da parte austriaca ricordiamo i Landes-schutzen, i Landsturm, gli Standschutzen, i Kaiserjager, i Kaiserschutzen e infine le Alpenkorps tedesche che fin dallo scoppio della guerra combatterono a fianco
degli austro-ungarici, in palese violazione dello stato di non belligeranza esistente allora fra Italia e Germania.
Le strategie belliche di allora prevedevano l'occupazione delle vette più alte, con la costruzione di piccoli
rifugi e baracchini attaccati alle rocce per permettere la sopravvivenza dei soldati a quelle altitudini e con
temperature di 30-40 gradi sotto zero.
Naturalmente si utilizzarono, da ambe le parti, montanari esperti dei luoghi e anche delle famose guide alpine.
Per gli austriaci ci limitiamo a ricordare il famoso Sepp Innerkofler, che era anche il gestore del rifugio
Dreizinnenhutte (Rifugio Tre Cime di Lavaredo), che morì tentando di conquistare la cima del monte Paterno,
occupata dagli alpini. Gli alpini recuperarono la sua salma a cui diedero onorata sepoltura in cima al Paterno.
Per gli italiani ricordiamo la famosa guida valdostana Giuseppe Gaspard che operò con le nostre truppe in
zona Tofana di Rozes, Castelletto e Val Travenanzes.
La guerra sulle Dolomiti fu una guerra di lente e metodiche avanzate da parte italiana, avendo gli austriaci
già deciso di ritirarsi su posizioni più difendibili e che poi diventarono praticamente imprendibili per attaccanti
che dovevano avanzare allo scoperto, bersagliati dalle mitragliatrici, dai cannoni e dai cecchini nemici.
Questo fu ad esempio il caso del Col di Lana, che fu una guerra di assedio, durata circa un anno e sbloccata
solo dall'esplosione della mina italiana ideata e attuata dal Ten. Gelasio Caetani, che fece saltare la posizione
austriaca di Cima Lana, permettendo l'occupazione italiana della cima.
Tuttavia questa vittoria fu fine a se stessa perchè la successiva avanzata sul Monte Sief attraverso la sella
Sief fu impedita dalla fortissima resistenza austroungarica.
Nella zona Lagazuoi-Tofane gli italiani occuparono cima Falzarego, Col del Bòs, Tofana di Mezzo, Tofana
di Rozes, il Castelletto ma non riuscirono mai a penetrare profondamente nella Val Travenanzes, occupata
dagli austriaci.
In altra zona gli italiani occuparono circa la metà del monte Piana, ma l'altra metà chiamata monte Piano,
rimase in mani austriache, nonostante innumerevoli tentativi di conquista da parte italiana.
In questa situazione di quasi stallo la guerra consistette principalmente in tante azioni isolate condotte
da plotoni e pattuglie che operarono di sorpresa e di notte, come la conquista italiana del Passo della Sentinella nelle Dolomiti di Sesto, che fu un capolavoro di ardimento e abilità alpinistica.
Queste azioni, mirabili per tecnica e per audacia, considerato l' ambiente in cui avvennero e le difficoltà
climatiche, non ebbero tuttavia alcun risultato pratico sull'andamento del conflitto.
In effetti anche qui la guerra diventò una guerra di posizione, anche perchè gli italiani non furono in
grado, per incertezze e per disorganizzazione, di sfruttare il vantaggio iniziale rappresentato da una
grande superiorità numerica di uomini ma non di mezzi di offesa, mancando di artiglieria pesante.
All'inizio della guerra le posizioni austriache erano presidiate da un numero molto ridotto di Landsturm
e Standschutzen, le truppe più efficienti essendo dislocate in Galizia contro la Russia e, a parere di
molti storici, se gli italiani avessero attaccato con decisione e con le stesse forze poi impiegate in sterili
attacchi al Col di Lana, sarebbero riusciti a sfondare la debole resistenza austriaca, arrivando a Dobbiaco e
in Val Pusteria. Ma i generali italiani titubarono, perdendo quelle due o tre settimane che permisero agli
austriaci di richiamare truppe dal fronte orientale e di apprestare una efficace difesa.
Infine non si può non ricordare un luogo dove si combattè per due anni una guerra molto particolare e mi
riferisco alla Cengia Martini sul Piccolo Lagazuoi al Passo Falzarego.
Essa venne occupata di sorpresa dagli alpini del Battaglione Val Chisone al comando del Maggiore Ettore Martini e rappresentò una vera spina nel fianco per gli austriaci perchè dalla cengia si poteva sparare sulle sottostanti posizioni austriache del Passo di Valparola sotto il Sass de Stria.
La Cengia era sotto il fuoco austriaco da ben tre direzioni, davanti, dietro e dall'alto e quindi la vita per gli
alpini accampati sulla cengia era veramente dura; solo in seguito vennero scavate delle caverne e delle
gallerie per dare rifugio e un po' di conforto ai nostri soldati.
Gli austriaci tentarono di tutto per fare sloggiare gli alpini dalla Cengia, comprese tre mine che sconvolsero
l'aspetto della montagna, provocando danni e vittime agli italiani ma senza riuscire a scacciarli.
La Cengia venne abbandonata solo in seguito alla ritirata di Caporetto e ora è parzialmente visitabile,
comprese le numerose gallerie, seppure con determinate precauzioni.
Lagazuoi e Col del Bòs
Il Piccolo Lagazuoi è un massiccio montuoso che si trova al passo Falzarego ed è collegato con altre
cime, come Cima Falzarego, Punta Berrino, Col del Bòs, tutte legate all'aspra lotta che si combattè
dal maggio 1915 fino al novembre 1917 fra gli occupanti austriaci e gli attaccanti italiani.
Il rifugio Lagazuoi, situato a 2752 metri di altitudine, si raggiunge in tre minuti di funivia partendo dal
Passo Falzarego, e poi si può scendere a piedi seguendo i sentieri, dopo aver visitato le varie postazioni
austriache che sono state ristrutturate negli anni passati.
Il Piccolo Lagazuoi (esiste anche il Grande Lagazuoi ma è meno famoso per le vicende belliche) era occupato dagli austriaci sulla sommità e in parte sulla parete ovest che dà sul Passo di Valparola, pure sbarrato dalle
fortificazioni austriache come il trincerone Vonbank e il forte tre Sassi, ora sede di un museo a pagamento.
Il Piccolo Lagazuoi era sotto il tiro delle artiglierie italiane del Col Gallina, dell' Averau e delle Cinque Torri,
ma certo il maggior fastidio era rappresentato da quel gruppo di alpini del Val Chisone che si erano stabiliti a mezza montagna, sulla Cengia Martini e che non volevano sloggiare, nonostante che dall' alto gli buttassero giù di tutto, dalle rollbombe (bombe a rotolamento) a barili pieni di esplosivo.
Si è gia detto delle tre mine austriache che distrussero parzialmente la Cengia Martini, ma anche gli
italiani fecero esplodere la loro mina per fare saltare la cosidetta Anticima, occupata dagli austriaci.
Comunque, tra gallerie austriache e italiane, il Piccolo Lagazuoi è un autentico "gruviera"; per visitare
le gallerie è richiesta una specifica attrezzatura.
Il Sass de Stria era occupato dagli austriaci e anch'esso è pieno di gallerie. Veniva metodicamente bombardato dall'artiglieria italiana e fu anche occupato per poche ore da un gruppo di ardimentosi fanti italiani al comando del S.Ten. Mario Fusetti che, conquistata la cima e rimasti senza munizioni in attesa dei rinforzi promessi che non arrivarono mai, restarono poi vittime della controffensiva austriaca. Il corpo del Ten. Fusetti non fu mai ritrovato come attesta la lapide al Passo Falzarego.
Il Castelletto (Schreckenstein)
Il Castelletto è un roccione merlato che si erge a pochi metri di distanza dalla parete ovest della Tofana di
Rozes dalla quale è separato dalla forcella di Rozes.
Gli austriaci vi scavarono alcune caverne e gallerie e fortificarono la cima, trasformandola in una postazione
dalla quale potevano osservare e colpire gli italiani che dovevano transitare sulla sottostante strada
delle Dolomiti.
Vi furono numerosi tentativi da parte italiana di fare sloggiare gli austriaci dalla cima del Castelletto,
sia bersagliandoli dall'alto della Tofana di Rozes dove gli alpini avevano approntato un paio di postazioni,
sia con dei tentativi diretti di scalare il Castelletto, ma senza ottenere risultati decisivi.
Si pensò allora di preparare una mina iniziando a scavare la galleria dalla parete della Tofana a salire fino
alla Forcella e dopo circa tre mesi e mezzo il lavoro fu ultimato e la mina di ben 35 tonnellate di ecrasite scoppiò nella notte dell' 11 luglio 1916 devastando la forcella e la cima del Castelletto, ma senza
ottenere tuttavia tutti i risultati sperati.
Infatti furono necessari altri due giorni di attacco degli alpini e della fanteria per eliminare del tutto
la resistenza degli austriaci sopravvissuti.
Tutto intorno al Castelletto si possono notare moltissime caverne, resti di trincee e di fortificazioni,
perchè tutta la zona fu campo di battaglia per due anni fra i due opposti schieramenti.
La nostra visita al Castelletto avvenne due anni dopo quella al Piccolo Lagazuoi, salendo dalla ex strada
militare che parte un paio di Km. circa dopo il passo Falzarego in direzione di Cortina.
Purtroppo, pur essendo ai primi di settembre, una improvvisa tormenta di neve, ci consigliò di ritornare
sui nostri passi proprio quando eravamo arrivati ai piedi del Castelletto, senza aver potuto completare
la nostra visita. Chissà che non ci ritorniamo.
Le Cinque Torri
Le Cinque Torri sono un affascinante gruppo di roccioni situato di fronte alle Tofane e raggiungibili,
oltre che a piedi, con una comoda seggiovia, mentre è decisamente sconsigliabile tentare di salire
in auto per la strettissima stradina che dovrebbe essere riservata ai mezzi di servizio del rifugio.
Esse divennero un centro di osservazione e di cannoneggiamento italiano delle antistanti posizioni austriache del Piccolo Lagazuoi, Castelletto e Tofane.
Le trincee e le varie postazioni di mitragliatrici e di artiglieria sono state risistemate e il tutto è diventato
un affascinante museo all'aperto, da cui si può godere oltretutto di un panorama ineguagliabile.
Purtroppo, come sta accadendo un po' dappertutto sulle Dolomiti, qualche anno fa vi è stato un crollo
che ha interessato una delle guglie, a conferma della fragilità delle rocce dolomitiche.